Compensi professionali: si al decreto ingiuntivo accompagnato dal parere di congruità rilasciato dall’Ordine
Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione Civile, con la sentenza 8 luglio 2021, n. 19427 si sono pronunciate in favore della possibilità per l’avvocato di recuperare i propri compensi dal cliente attraverso lo strumento del decreto ingiuntivo su parcella vistata dal Consiglio dell’Ordine.
Le Sezioni Unite, scardinando il contestato orientamento del Tribunale di Roma di respingere i ricorsi per decreto ingiuntivo degli avvocati in conseguenza dell’abrogazione dell’art. 636 c.p.c., intervenuta a seguito dell’eliminazione del sistema tariffario del 2012, ha formulato i seguenti principi di diritto:
- “In tema di liquidazione del compenso all’avvocato, l’abrogazione del sistema delle tariffe professionali per gli avvocati, disposta dal D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla L. 27 marzo 2012, n. 27, non ha determinato, in base all’art. 9 D.L. n. cit., l’abrogazione dell’art. 636 c.p.c.
- Anche a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 1 del 2012, convertito dalla L. n. 27 del 2012, l’avvocato che intende agire per la richiesta dei compensi per prestazioni professionali può avvalersi del procedimento per ingiunzione regolato dagli artt. 633 e 636 c.p.c., ponendo a base del ricorso la parcella delle spese e prestazioni, munita della sottoscrizione del ricorrente e corredata dal parere della competente associazione professionale, il quale sarà rilasciato sulla base dei parametri per compensi professionali di cui alla L. 31 dicembre 2012, n. 247, e di cui ai relativi decreti ministeriali attuativi”.